Sono in veranda, il panorama è stupendo, si vede tutta Bozoum, è una buona occasione per ripensare a questa mia esperienza, sono qui da quattro mesi. Tutto è iniziato quando ho conosciuto Oscar e Laura e “quasi per scherzo” ho deciso di trascorrere le mie vacanze estive (agosto ’96) in Centrafrica dando, per quanto ho potuto, una mano ad ultimare i lavori del dispensario. Sono state tre settimane bellissime, vissute allegramente, ma non pensavo di ritornarci, o meglio, di ritornarci così presto.
Arrivata a casa, invece, ho spesso pensato all’Africa, volevo conoscerla meglio e così ho deciso, con mille timori, di “dedicarle” sei mesi ….
Così sono ritornata a Bozoum a fine maggio e con Laura e Suor Marie Renée abbiamo “finalmente” aperto il dispensario.
“Ci prendiamo cura” dei più poveri tra i poveri; io, che in Italia lavoro come massoterapista, faccio un po’ di riabilitazione ai bambini handicappati; c’è, ad esempio, Belarmen di sei anni, fisicamente ne dimostra tre, non camminava ed era molto debole. Ora, con il nostro aiuto, un po’ di vitamine, un po’ di ginnastica e un po’ … di cibo … lo fa; ma la cosa più bella che fa ora, è sorridere….
Tutti i “nostri pazienti” dopo un primo periodo di titubanza, ora sorridono, non sono certo guariti, questo no, sarebbe troppo bello, ma sono contenti perché li ascoltiamo, parliamo con loro e cerchiamo, con tutti i nostri limiti, di aiutarli: è quello che si aspettano!
E’ stata dura all’inizio qui in Africa devi ridimensionare la concezione del tempo, hai parecchi momenti “per rimanere solo con te” e se questo prima mi pesava, ora devo dire che ne ho “quasi” bisogno.
La “comunità”, comunque, ti aiuta molto. Qui con P. Marcello , P. Renato, Oscar e Laura mi sono sentita subito una di “famiglia”, ma la stessa cosa succede in ogni missione a cui andiamo a far visita, l’accoglienza è sempre calorosa.
Due parole hanno acquistato, per me, un significato particolare: “TUTTI” e “PACE” , soprattutto quando sono a Messa e sono io la “diversa” perché sono bianca, mi accorgo, davvero, dell’Universalità della Chiesa per cui tutti dobbiamo lavorare. E in questo Paese dove la calma è un punto interrogativo, e le Nazioni confinanti sono in lotta, la parola “pace” è davvero un desiderio profondo e una speranza per tutti.
Manca circa un mese al mio rientro a casa, non me la sento di “tirare le somme” di questa esperienza, né ora, né in futuro, vorrei solo che il “tran-tran” italiano non mi faccia dimenticare, neppure per poco, tutto ciò che ho visto e vissuto qui, vorrei portare con me un po’ della loro gioia (gli africani hanno davvero la musica nel sangue), della loro pazienza e soprattutto un po’ della speranza e della serenità con cui accettano tutto ciò che la vita offre loro.
(estate 1997)
Laura Mauri