28 agosto 2004

“Guida da te la tua canoa” direbbe Lord Rober Baden Pawel of Gilwell, per tutti gli scout del mondo, BP…. così avevo iniziato l’ultimo tratto di cammino in preparazione a questa esperienza missionaria ed ora questa esperienza volge al termine. Cosa dire? Quale bilancio tirare dopo 4 settimane? Corro il rischio di sembrare un adolescente usando delle immagini…. ne sono consapevole, ma in questo giorno sento un po’ la stanchezza (poca cosa per chi ovviamente ha il fisico), e quindi mi sento un po’ più agevolato riprendendo in mano il mio Kayak.

La scelta ormai fatta era chiara: non aveva più senso continuare a remare “contro corrente”, l’unica scelta possibile era quella di prendere il coraggio a due mani, voltare la canoa lungo la corrente e affrontare l’ultimo tratto di fiume fino alla cascata della quale ormai si iniziava a sentire il fragore. Ad essere onesto questa è stata la parte più facile del viaggio: quando segui la corrente non hai il tempo di curare i “dettagli”, tutto scorre rapido intorno a te e gli occhi fissano sempre l’orizzonte… il primo di agosto! Man mano che il “salto” si avvicinava continuavo a ripetermi che era giusto quello che stavo facendo e che il Signore aveva guidato la mia “pagaia” nel governare la mia canoa. E il primo agosto arrivò! Attorno a me vedevo le canoe dei “ganivelli” che si erano messi anche loro a seguire la corrente ce n’erano 3-4 che non avevano più paura del salto (perché lo avevano già fatto in passato)…ma di quello che avrebbero trovato dopo il salto; altri andavano con incoscienza verso la cascata, la maggior parte stava vicino agli altri e in certi tratti si attaccavano gli uni gli altri per farsi coraggio a vicenda. Io soffrivo nel vedere tutto questo… ma non potevo fare altrimenti perché ormai era tardi e la canoa stava per saltare. Come si dice in questi casi: “l’uomo propone e Dio dispone!” Il salto fu in parte divertente, in parte spaventoso, in parte affascinante… prima la corrente ti porta con forza, poi per un istante sembra di stare fermi e poi “giù di colpo”. Al momento dell’impatto sembra di non capire nulla: tante emozioni ti invadono, tutta la tensione che hai accumulato si trasforma in adrenalina… e ti trovi finalmente lì: Bolivia 2004! Allora, anche se mentre stai precipitando giù nel grande salto hai visto tre canoe staccarsi dal gruppo, ora prendi veramente coscienza che non sono lì con te e puoi solo sperare e pregare che ti raggiungano in seguito. È così che “di colpo” alzi gli occhi e capisci che sarà un po’ più difficile del previsto: la corrente è forte e “ti porta via” e attorno a te, insieme alla spuma dell’acqua che sta andando via affiorano le prime rocce e così non hai il tempo di distrarti e di stare a guardarti attorno: riprendi in mano la pagaia e cerchi di tenere a galla la tua canoa facendo in modo che non si sfracelli… altre canoe potrebbero seguire la tua rotta. Di colpo il fiume si dirama in tre corsi più piccoli, due dei quali procedono parallelamente e uno sembra scomparire nella foresta… e sei tu che devi decidere quali canoe mandare e dove… ma per questo mi sono preparato anche agli imprevisti (dirlo però non è come farlo!) e i tuoi programmi vanno a rotoli prima ancora di iniziare seriamente! Attorno sembra che tante certezze vengano meno… una sola ti sostiene: Dio ti ha accompagnato fino qui, non ti abbandonerà ora! Questa è solo una fotografia dell’inizio per capire lo stato d’animo del viaggio… Poi cosa dire del viaggio di 4 settimane? Onestamente penso sia “indescrivibile”: quanti approdi sulle rive di questo fiume! Quanti sentimenti contrastanti provati a Porongo, al Campo, dagli Ayorreos, qui al centro di accoglienza… quanti amici ritrovati!

Il viaggio è stato a tratti sereno e a tratti faticoso… in tanti momenti mi sono sentito “accompagnato”, in altri mi sono sentito “solo”… ma è giusto che sia andata così: imprevisto! “Per Dio nulla è impossibile!” Ed è questo, ne sono convinto, che ha reso unica e bella questa esperienza missionaria (la terza che condivido con un gruppo).

Cosa mi resta sulla canoa della mia vita al termine di questo tratto di “fiume”? Restano le cose più importanti: la certezza che Dio è grande e può fare le cose che umanamente sono impossibili, l’amicizia più forte e consolidata con Oscar, Laura e William, un briciolo di “conoscenza” in più della “missione”, la consapevolezza che è “molto di più quello che ti sfugge rispetto a quello che puoi capire”… e una grossissima lezione di umiltà!

Spesso nella vita in Italia sei tentato di pensare che conti qualcosa e che sei in grado di fare una serie di cose…quando vivi un’esperienza come questa, capisci quanto poco conti e quanto è faticoso “fare quadrare il cerchio”. Un’esperienza come questa è sempre “scarnificante” e ti riporta all’essenziale! Quando incontri la povertà fisica e morale, ti accorgi di quanto gli altri abbiano bisogno di te e di come non puoi neanche per un attimo pensare che tu hai bisogno di qualsiasi attenzione… ne andrebbe di concetto di “giustizia”… E Dio è Giusto! In questi giorni ho stretto tante mani, ho abbracciato tanti fratelli e sorelle, ho parlato di Dio, ho consacrato l’Eucarestia, ho ascoltato le confessioni della gente, ho parlato con tante persone, sono cresciuto nell’amicizia con Oscar e con Laura (e William)… in parte sono ancora quello di prima… ma molto più “ricco”… ricco della consapevolezza di essere un “povero prete di campagna”! Utile non so a chi … ma non è importante che lo sappia io, è un Altro che deve saperlo…, Colui che mi vuol bene da sempre e per sempre perché è AMORE!

Se mi guardo indietro a meno di 24 ore dal nostro dover essere in aeroporto vedo tantissime cose: vedo le fatiche passate, le gioie vissute, vedo i rischi corsi di sfracellarmi contro le rocce, vedo i colpi che la mia canoa ha preso contro tante rocce, vedo la tentazione di lasciarmi andare durante i momenti di tranquillità, e qualche volta anche durante le rapide… ma poi, grazie a Dio, la consapevolezza che “se molli”, tutti si sentono autorizzati a farlo…

Al di là delle fatiche (che non sono state poche!) rimane nel cuore una gioia grande perché due scopi di questa esperienza sono stati raggiunti:

1. la conoscenza di tre diverse realtà missionarie e di tre modi diversi di fare missione

2. il mettersi in gioco di ciascuno: ho visto davvero tanti mettersi in discussione e lasciarsi plasmare da quello che hanno incontrato e vissuto.

Cosa dire alla fine di queste pagine?

Grazie a Dio anzitutto per tutto quello che ci ha dato e poi Grazie a Oscar, Laura (e William) per come ci hanno accolti e soprattutto perché vivono “Questa Missione” tutti i giorni! Grazie poi a tutte le persone che abbiamo incontrato in questi giorni: le suore, la gente “qualsiasi” e una persona speciale come don Julio, “el cirijuano” che con la sua amicizia schietta e sincera ci ha “sostenuto” in questi giorni.

Nel mio cuore ora, al finale, c’è un desiderio solo: che ciascuno, con l’aiuto di Dio, dopo tutto quello che abbiamo vissuto non si adagi come su di una nave dove “guidano gli altri”; non si lasci trascinare come su di una barca dove “remano altri con te e dove un altro tiene il timone”… ma ripeto, ciascuno prenda in mano coraggiosamente la pagaia per guidare da sé la propria canoa sul fiume della vita!

Grazie a tutti!

Don Silvio