Abbiamo raccolto le voci dei nostri missionari, che ci hanno raccontato da vicino gli effetti drammatici dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 in Bolivia e in Repubblica Centrafricana, dove opera l’associazione Aiuti Terzo Mondo.
Bolivia
Le parole di Oscar e Laura...
La situazione in Bolivia è preoccupante.
Sono stati mesi pesanti, in cui la pandemia ha complicato la gestione della missione, che è già di per sé impegnativa.
Siamo nel pieno di quella che è considerata la seconda ondata. I casi sono in quotidiano aumento e purtroppo non ci sono più letti liberi nelle terapie intensive e gli ospedali sono al collasso.
Non si è partiti con la campagna vaccinale, l’economia già in crisi sta soffrendo ulteriormente e gran parte della popolazione boliviana vive e lavora alla giornata.
Un lockdown completo qui a Santa Cruz de la Sierra non permetterebbe la semplice sopravvivenza. Ecco perché il governo è stato obbligato ad affrontare la pandemia con un coprifuoco notturno.
La chiusura totale è impossibile. C’è troppa gente che non può non permettersi di lavorare. Il lockdown non comporterebbe solo una minore ricchezza, ma significherebbe non avere neppure un pezzo di pane da mettere in tavola.
Sono in vigore rigide restrizioni e l’uso di mascherine è obbligatorio anche in Bolivia, ma il virus continua a dilagare.
Di conseguenza sono aumentate le persone che dobbiamo, o meglio che dovremmo, aiutare. Purtroppo anche per noi non è facile: c’è la volontà, il cuore, ma scarseggiano i mezzi, considerate anche le restrizioni e gli impedimenti sanitari dei nostri collaboratori.
Vi sentiamo vicini nella preghiera, continuate a ricordarvi di noi!
La situazione è dura ma con le vostre preghiere e il vostro aiuto concreto affronteremo anche questo.

Repubblica Centrafricana
Le parole di Padre Aurelio...
La situazione in Repubblica Centrafricana continua a peggiorare.
Il Paese, reduce dalle elezioni presidenziali e legislative del 27 dicembre, a cui ha partecipato solo un terzo della popolazione, affonda sempre più nel caos.
A parte la capitale Bangui e qualche altra città, il resto del Paese è in mano ai ribelli.
Come sempre, a pagare il tutto è la popolazione, la gente semplice, i poveri. Da sabato si sono riversati circa 14.000 rifugiati nelle varie missioni della città di Bouar, dalla Cattedrale ai conventi delle Clarisse, delle suore della Carità, dei Cappuccini e dei Carmelitani. Per ora la situazione è difficile ma gestibile. Se dovesse peggiorare, tuttavia, cosa si potrà fare?
In questi giorni cerchiamo, dove non ci sono grossi rischi, di riaprire le scuole. Ma fino a quando?
L’incertezza e la paura non ci abbandonano, ma cerchiamo di andare avanti con speranza e fiducia!